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Minervino Murge


Cenni Storici

Dai ritrovamenti rinvenuti sul territorio (Lama Cipolla, Lama Torlazzo, Casale) si evince che l’origine di Minervino risale a 2000 anni prima di Cristo.

Fu fondata dalle popolazioni Japige che occupavano la Puglia in quel periodo storico e successivamente venne colonizzata dai Romani. Nella Tavola Peutingeriana, che era una grande cartina dell’Impero, nel luogo dove sorge Minervino vi è un monte (forse simbolo delle Murge), un fiume (probabilmente l’Ofanto) e il nome della città risulta essere Rudias dei Peucetii, il nome di Minervino prima della colonizzazione romana.

Secondo la leggenda, invece, venne fondata nel 216 a.C. quando alcuni legionari romani, scampati alla battaglia di Canne, trovarono riparo sulle Murge. Qui s’innamorarono delle pastorelle del luogo e decisero di rimanerci, celebrando i riti nuziali in una grotta che loro stessi dedicarono alla dea Minerva (l’attuale grotta di San Michele).

Più volte devastata da incursioni saracene, se ne ha la prima precisa menzione in documenti dell’XI secolo. Appartenne ai principi di Taranto nel XV secolo e nel 1508 fu concesso da Ferdinando il Cattolico al conte Forti Onorati d’Aragona. A titolo di principato fu poi dei Pignatelli nel XVI secolo, poi appartenne ai Carafa ed ai Tuttavilla.

Partecipò attivamente ai moti del 1799 e nel 1818 fu privata della sede vescovile.

Secondo dopoguerra

La sera del 24 giugno 1945, in seguito all’arresto di diverse persone accusate di furto e di alcuni renitenti alla leva, scoppiò una rivolta comunista che portò Minervino a “dichiarare guerra” all’Italia. La città fu così trasformata in una fortezza: dal Faro al Castello nei punti nevralgici furono piazzate mitragliatrici e sorsero trincee sulle strade di collegamento principali.

Il 29 giugno, in seguito all’intervento del battaglione San Marco, e prima ancora al tentativo di calmare gli animi da parte del senatore Mauro Scoccimarro e dei segretari comunisti di Andria e Bari, oltre all’intervento dei carabinieri provenienti da mezza provincia, Minervino tornò all’Italia.

L’unica vittima di questo episodio fu Michele Colia, in ricordo del quale fu eretta presso la villa faro una lapide commemorativa, nel punto stesso in cui esso perì.

Fonte: Wikipedia
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Cenni Storici

Dai ritrovamenti rinvenuti sul territorio (Lama Cipolla, Lama Torlazzo, Casale) si evince che l’origine di Minervino risale a 2000 anni prima di Cristo.

Fu fondata dalle popolazioni Japige che occupavano la Puglia in quel periodo storico e successivamente venne colonizzata dai Romani. Nella Tavola Peutingeriana, che era una grande cartina dell’Impero, nel luogo dove sorge Minervino vi è un monte (forse simbolo delle Murge), un fiume (probabilmente l’Ofanto) e il nome della città risulta essere Rudias dei Peucetii, il nome di Minervino prima della colonizzazione romana.

Secondo la leggenda, invece, venne fondata nel 216 a.C. quando alcuni legionari romani, scampati alla battaglia di Canne, trovarono riparo sulle Murge. Qui s’innamorarono delle pastorelle del luogo e decisero di rimanerci, celebrando i riti nuziali in una grotta che loro stessi dedicarono alla dea Minerva (l’attuale grotta di San Michele).

Più volte devastata da incursioni saracene, se ne ha la prima precisa menzione in documenti dell’XI secolo. Appartenne ai principi di Taranto nel XV secolo e nel 1508 fu concesso da Ferdinando il Cattolico al conteForti Onorati d’Aragona. A titolo di principato fu poi dei Pignatelli nel XVI secolo, poi appartenne ai Carafa ed ai Tuttavilla.

Partecipò attivamente ai moti del 1799 e nel 1818 fu privata della sede vescovile.

Secondo dopoguerra

La sera del 24 giugno 1945, in seguito all’arresto di diverse persone accusate di furto e di alcuni renitenti alla leva, scoppiò una rivolta comunista che portò Minervino a “dichiarare guerra” all’Italia. La città fu così trasformata in una fortezza: dal Faro al Castello nei punti nevralgici furono piazzate mitragliatrici e sorsero trincee sulle strade di collegamento principali.

Il 29 giugno, in seguito all’intervento del battaglione San Marco, e prima ancora al tentativo di calmare gli animi da parte del senatore Mauro Scoccimarro e dei segretari comunisti di Andria e Bari, oltre all’intervento dei carabinieri provenienti da mezza provincia, Minervino tornò all’Italia.

L’unica vittima di questo episodio fu Michele Colia, in ricordo del quale fu eretta presso la villa faro una lapide commemorativa, nel punto stesso in cui esso perì.

 

Cenni Storici

Dai ritrovamenti rinvenuti sul territorio (Lama Cipolla, Lama Torlazzo, Casale) si evince che l’origine di Minervino risale a 2000 anni prima di Cristo.

Fu fondata dalle popolazioni Japige che occupavano la Puglia in quel periodo storico e successivamente venne colonizzata dai Romani. Nella Tavola Peutingeriana, che era una grande cartina dell’Impero, nel luogo dove sorge Minervino vi è un monte (forse simbolo delle Murge), un fiume (probabilmente l’Ofanto) e il nome della città risulta essere Rudias dei Peucetii, il nome di Minervino prima della colonizzazione romana.

Secondo la leggenda, invece, venne fondata nel 216 a.C. quando alcuni legionari romani, scampati alla battaglia di Canne, trovarono riparo sulle Murge. Qui s’innamorarono delle pastorelle del luogo e decisero di rimanerci, celebrando i riti nuziali in una grotta che loro stessi dedicarono alla dea Minerva (l’attuale grotta di San Michele).

Più volte devastata da incursioni saracene, se ne ha la prima precisa menzione in documenti dell’XI secolo. Appartenne ai principi di Taranto nel XV secolo e nel 1508 fu concesso da Ferdinando il Cattolico al conteForti Onorati d’Aragona. A titolo di principato fu poi dei Pignatelli nel XVI secolo, poi appartenne ai Carafa ed ai Tuttavilla.

Partecipò attivamente ai moti del 1799 e nel 1818 fu privata della sede vescovile.

Secondo dopoguerra

La sera del 24 giugno 1945, in seguito all’arresto di diverse persone accusate di furto e di alcuni renitenti alla leva, scoppiò una rivolta comunista che portò Minervino a “dichiarare guerra” all’Italia. La città fu così trasformata in una fortezza: dal Faro al Castello nei punti nevralgici furono piazzate mitragliatrici e sorsero trincee sulle strade di collegamento principali.

Il 29 giugno, in seguito all’intervento del battaglione San Marco, e prima ancora al tentativo di calmare gli animi da parte del senatore Mauro Scoccimarro e dei segretari comunisti di Andria e Bari, oltre all’intervento dei carabinieri provenienti da mezza provincia, Minervino tornò all’Italia.

L’unica vittima di questo episodio fu Michele Colia, in ricordo del quale fu eretta presso la villa faro una lapide commemorativa, nel punto stesso in cui esso perì.